lunedì 28 febbraio 2011

V. Magrelli


Questa pagina è una stanza disabitata.
Ogni tanto porto una seggiola rotta
o un pacco di giornali, e li abbandono
in un angolo: nient’altro.
Quello che avanza si dispone qui
e nella tregua dell’uso si deposita.
É l’ultima sosta degli oggetti
prima d’uscire dall’orizzonte della casa,
nella luce chiara del loro tramonto.


Non ho un bicchiere d’acqua
sopra il letto:
ho questo quaderno.
A volte ci segno parole nel buio
e il giorno che segue le trova
deformate dalla luce e mute.
Sono oggetti notturni
posati ad asciugare,
che nel sole s’incrinano
e scoppiano. Restano pezzi sparsi,
povere ceramiche del sonno
che colmano la pagina.
É il cimitero del pensiero
che si raccoglie tra le mie mani.


Amo i gesti imprecisi,
uno che inciampa, l’altro
che fa urtare il bicchiere,
quello che non ricorda,
chi è distratto, la sentinella
che non sa arrestare il battito
breve delle palpebre.
Mi stanno a cuore,
perché vedo in loro il tremore,
il tintinnio familiare
del meccanismo rotto.
L’oggetto intatto tace, non ha voce
ma solo movimento. Qui invece
ha ceduto il congegno,
il gioco delle parti,
un pezzo si separa,
si annuncia.
Dentro qualcosa balla.



(V. Magrelli, Poesie)


domenica 27 febbraio 2011

sabato 26 febbraio 2011

Pennac


Gli orari della vita dovrebbero prevedere un momento, un momento preciso della giornata, in cui ci si potrebbe impietosire sulla propria sorte. Un momento specifico. Un momento che non sia occupato né dal lavoro, né dal mangiare, né dalla digestione, un momento perfettamente libero, una spiaggia deserta in cui si potrebbe starsene tranquilli a misurare l'ampiezza del disastro. Con queste misure davanti agli occhi, la giornata sarebbe migliore, l'illusione bandita, il paesaggio chiaramente delineato. Ma se si pensa alla propria sventura tra due forchettate, con l'orizzonte ostruito dall'imminente ripresa del lavoro, si prendono delle cantonate, si valuta male, ci si immagina messi peggio di come si sta. Qualche volta, addirittura, ci si crede felici!




mercoledì 16 febbraio 2011

Mia suocera beve


"Perché io al contrario delle persone come Ass, sono succube delle cose che penso. E magari le pensassi una volta per tutte. 
I miei pensieri vanno e vengono nella mia testa con una libertà, una promiscuità, una tale ostinazione nell’impedirmi di prendere una sola decisione veramente convinta, che mi debilita avere a che fare con loro. Sono delle gran troie, questa è la verità. Vorrei che la piantassero di usarmi come un albergo, farsi consolare e assistere dopo che se ne sono andati a combinare cazzate in giro. Che una buona volta si accontentassero del titolare e mi restassero fedeli. 
Se dovessi indicare il principale dei miei difetti, quello di cui più avverto la ricorrenza nei rapporti che instauro con gli altri, direi che è la mia tendenza a rimuginare. Io rimugino tantissimo. Quando cammino. Quando lavoro. Quando mi diverto. Quando mi compiango. Quando faccio l’amore. Soprattutto quando non lo faccio.

sabato 12 febbraio 2011

Thomas Bernhard / 1

Le opinioni, quali che siano, non lo interessano, quando per lui si tratta di fatti. Egli non è pronto, né mai lo sarà, a comportarsi, a pensare e a sentire in un modo che non sia esclusivamente soggettivo, sebbene per sua natura sia consapevole in ogni istante che tutto, di qualunque cosa si tratti, può essere solo approssimazione, niente di più che un tentativo.




La scoperta che la letteratura può fornire la soluzione matematica della vita, ma anche in ogni istante della singola concreta esistenza, purchè la si adotti e la si pratichi come la matematica, dunque col passar del tempo come un’arte matematica superiore e infine come l’ arte matematica suprema… ….
Con la lettura ho gettato un ponte sugli abissi aperti, e sono riuscito a salvarmi da stati d’animo che portano solo alla distruzione.

giovedì 10 febbraio 2011

Calvino, da Le citta’ invisibili


L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà: se ce ne è uno, è quello che è già qui. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più.
Il secondo è rischioso ed esige attenzione ed apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno e farlo durare, e dargli spazio.

mercoledì 9 febbraio 2011

mercoledì 2 febbraio 2011

martedì 1 febbraio 2011

Gelosia


Come geloso io soffro quattro volte: perché sono geloso, perché mi rimprovero di esserlo, perché temo che la mia gelosia finisca col ferire l’altro, perché mi lascio soggiogare da una banalità; soffro di essere escluso, di essere aggressivo, di essere come tutti gli altri.
(R. Barthes)