lunedì 31 ottobre 2011

Storie


Chi non legge Cortazar è perduto. Non leggerlo è come avere una grave malattia invisibile, che col tempo può produrre terribili conseguenze. Qualcosa di simile ad un uomo che non abbia mai assaggiato le pesche: diventerebbe silenziosamente sempre più triste... e, probabilmente, poco a poco gli cascherebbero i capelli.

(Neruda)

Storia 

C'era una volta un cronopio piccoletto che cercava la chiave della porta di casa sul comodino, il comodino nella camera da letto, la camera da letto nella casa, la casa nella strada. Qui il cronopio si fermava perché per uscire in strada aveva bisogno della chiave della porta di casa.

 
Conservazione dei ricordi 

I famas, per conservare i loro ricordi, seguono il metodo dell'imbalsamazione: dopo aver fissato il ricordo con capelli e segnali, lo avvolgono dalla testa ai piedi in un lenzuolo nero e lo sistemano contro la parete del salotto, con un cartellino che dice: «Gita a Quilmes», oppure: «Frank Sinatra».
I cronopios invece, questi esseri disordinati e tiepidi, sparpagliano i ricordi per la casa, allegri e contenti, e ci vivono in mezzo e quando un ricordo passa di corsa gli fanno una carezza e gli dicono affettuosi: «Non farti male, sai», e anche: «Sta' attento, c'è uno scalino». Questa è la ragione per la quale le case dei famas sono in ordine e in silenzio, mentre le case dei cronopios sono sempre sottosopra e hanno porte che sbatacchiano. I vicini si lamentano sempre dei cronopios e i famas scuotono la testa comprensivi, e vanno a vedere se i cartellini sono sempre al loro posto. 




domenica 30 ottobre 2011

Famiglia Allargata



il Grande

















il Piccolo
















il Cugino












la Nuova

























l’ Amico












sabato 29 ottobre 2011

venerdì 28 ottobre 2011

In viaggio - 2


Girano i Sufi in tondo nello spazio
Nel tempo
Salgono in verticale i monaci in clausura
Immobili
Viaggiano l'alto il basso senza abbellimenti
(Cadono di vertigine
Cadono di vertigine)

Strisciano verso il ritmo i tarantolati
schiacciati dallo spazio senza tempo
Viaggiano i viandanti, viaggiano i perdenti
Viaggiano i perdenti più  adatti ai mutamenti,  
viaggia Sua Santità

Consumano la terra in percorsi obbligati i cani alla catena
Disposti a decollarsi per un passo inerte più in là
Coprono spazi ottusi gli idoli
Clonano miliziani dai ritmi cadenzati
In sincrono

Viaggiano i viandanti, viaggiano i perdenti
Viaggiano i perdenti più  adatti ai mutamenti,  
viaggia Sua Santità

Viaggia la polvere, viaggia il vento, viaggia l'acqua sorgente
Viaggiano ansie nuove e sempre nuove crudeltà

Cadono di vertigine

In viaggio - 1


I famas fanno un viaggio, le loro abitudini, quando si fermano a dormire in una città, sono le seguenti: un fama va all'hotel e prudentemente vuol sapere il prezzo della camera, rendersi conto di persona della qualità delle lenzuola e del colore dei tappeti. Il secondo va al commissariato e stila una dichiarazione sui beni mobili e immobili dei tre, e fa anche l'elenco del contenuto delle loro valigie. Il terzo fama va all'ospedale e prende nota dei medici di turno nonché delle loro specializzazioni.
Finite queste incombenze, i tre viaggiatori si riuniscono nella piazza principale della città, si comunicano le rispettive osservazioni, ed entrano in un bar a prendere un aperitivo. Prima però si prendono per mano e fanno un girotondo. Questa danza è detta: «Allegria dei famas».
Quando i cronopios fanno un viaggio, trovano tutti gli alberghi al completo, i treni partiti, piove come dio la manda e i taxi non li vogliono far salire a meno che non siano pronti a farsi spellare vivi. I cronopios non si scoraggiano perché credono fermamente che queste cose capitino a tutti, e prima di andare a dormire si dicono l'un l'altro: «Ma che bella città, una città proprio bella». E sognano tutta la notte che la città è in festa e che loro sono invitati a tutti i ricevimenti. Il giorno dopo si alzano allegri, ed è così che viaggiano i cronopios.  Le speranze, sedentarie, si lasciano viaggiare dalle cose e dagli uomini, e sono come le statue che bisogna fare un viaggio per vederle perché loro non si disturbano. 

 (Cortazar) 
















mercoledì 26 ottobre 2011

Pets?







Cronopios


Un cronopio vuole aprire la porta, e nel mettere la mano nella tasca per prendere la chiave si trova invece in mano la scatola dei fiammiferi, allora il cronopio resta male e comincia a pensare che se invece della chiave ha trovato i fiammiferi può essere accaduto l’orribile fatto che il mondo si sia spostato di colpo, e magari, dato che i fiammiferi sono dove dovrebbe esserci la chiave, può capitargli di trovare il portafoglio pieno di fiammiferi, la zuccheriera piena di soldi e il piano pieno di zucchero, e l’elenco telefonico pieno di musica, e l’armadio pieno di abbonati, e il letto pieno di vestiti e i vasi pieni di lenzuola, e i tram pieni di rose e i campi pieni di tram. Sicché questo cronopio è terribilmente angosciato e corre a guardarsi allo specchio, ma siccome lo specchio è messo un po’ per storto, quel che vede è il portaombrelli dell’entrata e i suoi dubbi si rafforzano e scoppia in singhiozzi, cade in ginocchio e non sa perchè ha le manine giunte. I fama suoi vicini accorrono per consolarlo, anche le speranze, ma passano ore prima che il cronopio si liberi da tanta angoscia e accetti una tazza di tè, che guarda ed osserva ben bene prima di bere, non capiti che invece di una tazza di tè sia un formicaio o un libro di Samuel Smiles. 


martedì 25 ottobre 2011

Storm
















La forma della vita



La differenza che c’è tra il pilota
che è soddisfatto per avere centrato
i suoi obiettivi – il risultato
era distruggere – e l’anziano
che fa accomodare lo sconosciuto
che ha suonato alla porta, e gli si rivolge
dicendo: “Vuol favorire?”…
Incolmabile differenza
di comportamento, di carattere,
di formazione individuale.
Ma nel frattempo
dov’è il popolo, dov’è la comunità?
Dov’è la gente con il suo cuore?
E’ sotto le bombe, davanti al televisore.

(da Cesare Viviani,  La forma della vita)

 

lunedì 24 ottobre 2011

mercoledì 19 ottobre 2011

lunedì 17 ottobre 2011

domenica 16 ottobre 2011

giovedì 13 ottobre 2011

Rovine


Non so come andrà a finire tra me e mia figlia. Ho esplorato tutte le possibilità come un archeologo. Queste rovine mi disorientano e mi tormentano. Ma non ho la minima idea di come catalogarle e in quale museo finiranno e se gli scavi sono appena iniziati o sono finiti. 

(Richard Brautigan,  Una donna senza fortuna)


mercoledì 12 ottobre 2011

Notturno ( Dark )


Voice : Márta Sebestyén



This round world as it collapses on me,
 The wind blows through me,
And the old and the new, 
And here and far away,
Familiar and unknown, 
And you and everything, 
Love of the Universe ...
This sky will cover you when you fall down,
This sky will cover you when you fall down....
  
"My song flies high
It sounds so beautiful
My Rose is angry with me,
she doesn't say a word.
Don't be angry, my sweet rose
For I was yours, and I am yours
And I will be yours till death".
(trad. Hungarian song)

Voice : S’Ange


If  I live too long
I will sing too many songs
If I die today
You will love me anyway

I could be brave, suddenly
Coming of age, suddenly
There are some words better said
silently

Wake into sleep, suddenly
Shallow to deep, suddenly
You may love me
We will die anyway


lunedì 10 ottobre 2011

Hanging













































































Rizoma



Il rizoma è un particolare tipo di radice che ha la specificità di penetrare il terreno lungo un movimento di estensione orizzontale, a differenza del più usuale tipo di radice a fittone, che penetra in senso verticale sino a radicarsi in profondità.
Il filosofo Gilles Deleuze (1925-1995) e lo psicanalista Félix Guattari (1930-1993) introducono la figura del rizoma sin dalle prime pagine di Mille plateaux per significare, a partire da essa, un intero diagramma di posizione e movimento di pensiero. Infatti uno degli intenti è quello di delineare una modalità di pensare la superficie che si ponga in maniera alternativa rispetto alla metafisica del fondo. La citazione deleuziana dello scrittore Michel Tournier suona opportuna: “strano pregiudizio che valorizza ciecamente la profondità a scapito della superficie, pretendendo che superficiale significhi non già di vaste dimensioni, bensì di poca profondità, mentre profondo significa di grande profondità e non di superficie ristretta” (Deleuze 1968a, p. 18).

 (S. Vaccaro, Rizomatica)


sabato 8 ottobre 2011

Emotional



[Serie: Dischi Importanti / Gruppi Importanti / Canzoni Importanti / Persone Importanti]


“La vita umana non dura che un istante, si dovrebbe trascorrerla a fare ciò che piace; in questo mondo, fugace come un sogno, vivere nell'affanno è follia”




Mi rubi il tempo, mi rubi l'energia
Non ascolti il lamento, non ascolti il richiamo
Incrini il mio coraggio, vanifichi l'attesa
Le sere che ti aspetto, i pomeriggi che aspettano la sera
Mi rubi la mattina che mi sveglio da solo e non sta bene...
Distruggi le mie felicità perché sono da poco agli occhi tuoi...
Qualcuna la riempi, la gonfi a dismisura
E io devo lasciarla che stava bene silenziosa e sola
E gli occhi tuoi mi rubano la luce
Perché tu possa splendere nei miei
Allora non rimane niente e te ne vai
Consuma spento e lento il mio dolore
 consuma me.
  

venerdì 7 ottobre 2011

Le donne di provincia


La nostalgia può diventare poetica solo se è tragica, quando maledici l’infanzia puttana, perduta per sempre (Carmelo Bene). Nelle canzoni dei CCCP, CSI e PGR. Quando tenti di far rivivere un fantasma di un amore perduto per sempre, come in Fitzgerald. Un amore che però ti ha cambiato, codice a parte, hai vissuto, hai giocato, hai dormito, sei stato in silenzio, hai inventato una storia, ci hai pure creduto, hai sbagliato, l’hai tirata per le lunghe, modellavi un’ascia quando dovevi montare una mensola. Un gesto d’arroganza, fiducia nel potere della parola e nella bellezza. Ed è finita. Indubbiamente, l’irreversibilità ha la sua forza poetica. Oppure, più modestamente, ma senza perdere d’efficacia, puoi dichiarare che i tempi stanno per cambiare. Senza enfasi, niente Bob Dylan, preferisco quel modo di cantare malinconico e così sensibile di Morrissey quando canta il primo verso in Please, please, please, let me get what I want: good times  for a change.

(Antonio Pascale)


giovedì 6 ottobre 2011

Il pensiero in 33 fermate



1
° FERMATA: davanti al giorno si ferma la macchina del tempo e scende qualcuno, chi? Scende la sera.

2° FERMATA: prima il piacere poi il volere e soltanto alla fine il godere.

3° FERMATA: prima ci vuole stima, dopo la stima c’è il rispetto poi viene l’affetto. E tra il rispetto e l’affetto ci vorrei un sorbetto: due concetti, uno dolce e l’altro frutta, perché ad ogni buon conto corrisponde sempre una grande cena.

4° FERMATA: quando penso che i padri di oggi saranno i nonni di domani mi consolo soltanto pensando al fatto che certi cuccioli sono e saranno sempre figli di cani.

5° FERMATA: non sei cacciatore ma vorresti imparare e per di più ami i laghi? Comincia a fare un po’ di tirocigno.

6° FERMATA: quando ti sarai tolto tutte le voglie ti resterà tanta pelle da farci la borsa dei desideri.

7° FERMATA: l’uomo non è una macchina perché se così fosse dormirebbe in un garage.

8° FERMATA: Kioto scaccia Kioto; ci ritroveremo tutti in Giappone con un martello in mano, a raccontare ai bambini con le dita livide la storia di “Martellino, pane e vino”.

9° FERMATA: il metallo è un composto del ferro; la prova più scottante è Olivia mentre stira.

10° FERMATA: dallo stratagemma nascono fior fiori di idee.

11°FERMATA: l’importante è disturbare chi vuol fare la guerra in santa pace.

12° FERMATA: diffidate di chi crede nell’uso della spirale di violenza per non mettere in cinta una città.

13° FERMATA: i vecchi troppo curvi su sè stessi sbandano.

14° FERMATA : molte volte quello che non vedi è un moscerino anoressico.

15° FERMATA: continua a fare nodi al fazzoletto per ricordarti di scioglierli.

16° FERMATA: dalla diciassettesima alla trentesima fermata le soste intermedie sono soppresse: sono stati trovati pensieri contorti.

31° - 32° - 33° FERMATA: sono ancora sovrappensiero.

  (Alessandro Bergonzoni)


This Time



martedì 4 ottobre 2011

Attraversamenti



A Roma, per qualche tempo, ho guardato le ragazze attraversare la strada. Venivo da Caserta dove cambiare marciapiede è una cosa che impari subito, io, infatti, già a sei anni attraversavo che era una bellezza. In pratica, devi solo buttarti per primo e poi fare segno alla macchina di rallentare.
Non è niente di che, quando attraversi la strada in una città di provincia, puoi continuare a parlare con il tuo amico oppure litigare con qualcuno.
Giusto per dirne una, una volta, da piccolo, ho pure cominciato una dichiarazione d’amore esattamente in mezzo alla strada.
Certo, l’attraversamento subisce soste e ripartite, a tratti puoi camminare sbilenco, bello e buono cambi direzione perché la macchina non si ferma. Ma in fondo non è mica pericoloso, nessuno che io conosco è mai finito sotto una macchina.
A Roma, invece, nessuno si butta quando pare a lui, soprattutto le ragazze. È pericoloso, infatti, nemmeno ero arrivato che mi hanno detto: «Ti devi stare attento, che qua t’arrotano».
Non solo, la prima immagine che ho di Roma è quella di un uomo finito sotto la macchina, davanti la stazione Termini. Uno sprovveduto, stava messo pure molto male, una donna gli teneva la mano. Non l’ho guardato più di tanto, se fossi stato a Caserta mi sarei fermato e avrei pure commentato, invece, quel giorno sono andato via.
Questa, per inciso, è stata la seconda cosa che ho imparato. In città, gli sguardi sono veloci come un respiro. Ancora non ho capito se si tratta di pudore, nel senso che in fondo mi sono immaginato al posto di quel signore, appena arrotato, con tutti gli sguardi addosso e allora pensai: almeno il mio sguardo glielo risparmio. O se, chissà, è solo la mia indifferenza, ho tanti sguardi ancora davanti a me che posso permettermi il lusso di sprecarli.
Fatto sta che a volte gli sguardi sono sì come un respiro intenso, una boccata di vita, però passano: il fiato, all’improvviso, se ne va.

(Antonio Pascale, da Amori romani)


La mia prima tessera