lunedì 30 gennaio 2012

Le parole perdute


Ho passato la giovinezza a credere che la conoscenza esatta dei significati potesse aprirmi il senso delle cose. Ho amato le parole difficili, le parole rare, le parole introvabili, le parole straniere. Non le parole inventate, che non sono reali. Avevo un vero e proprio culto dei dizionari. Forse tutti i giovani, anche quando non lo sanno, amano i dizionari. I lessicografi ideali sono addirittura i bambini, che conoscono pochissimo la lingua della comunità, perché ancora pensano che i significati esistano indipendentemente dalle persone.

(… ) Esistono persone, invece, che credono all’assoluta e perfetta corrispondenza tra parola e significato per tutta la vita. Lucky them! Io non ci sono riuscita, mi dispiace. Alcuni scrittori sono così, che si esprimano in versi o in prosa. In Italia Pascoli, Gadda, Landolfi sono appunto scrittori di significati. La forma della parola serve a indicare un senso preciso, anzi è quello stesso senso, che di per sé è indescrivibile, indefinibile; che se lo vuoi definire lo distruggi (…)
Gli scrittori di parole sono una razza diversa: loro pensano in frasi; il significato nasce da una somma di parole, dalle relazioni che più parole stabiliscono l’una con l’altra; prese individualmente dicono ben poco perchè hanno bisogno delle altre per significare. Per tali scrittori –Woolf, Stendhal, Lawrence- il significato emerge dalla catena dei rapporti tra le parole, dal discorso. Tali scrittori, a differenza degli altri, pretendono un ascoltatore; si aspettano risposte; mentre per gli altri i significati stessi sono risposte! Ogni parola, per gli scrittori di parole, significa perché si lega a qualcun’ altra. Né può legarsi a qualunque altra. Ogni parola ha una sua predisposizione a simpatizzare con questa e non con quella. Ogni parola ha un suo destino, e questo si compie nella frase. Ci sono frasi, catene di parole che si allungano sotto la superficie del foglio e scendono in profondità remote dove la nostra coscienza non è in grado di spingersi neanche nei momenti di massima attenzione.
Gli scrittori di parole sono anzitutto lettori. Quelli di significato assomigliano di più agli scienzati, agli anatomisti, ai botanici. Catalogano. Gli altri raccolgono e si dimenticano di classificare, perché quello che trovano preferiscono disseminarlo per casa, anche a costo di smarrire qualcosa. Che libertà invidiabile!

(Nicola Gardini, Le parole perdute di Amelia Lynd)

sabato 28 gennaio 2012

mercoledì 25 gennaio 2012

Ebbrezza della scrittura


Provarci è facile... Basta un foglio e una matita. La scrittura provoca un'ebbrezza meno onerosa, più sensuale e più duratura dell'altra, quella etilica. Trip garantito.

Senza l'una o l'altra forma di ebbrezza, la vita non è tollerabile. Di tutte le ubriachezze, la scrittura è la più riuscita. Non che io sia contraria al bere, tutt'altro, ma l'ebbrezza etilica esige gli alcolici e i vini migliori, e soprattutto la migliore compagnia, mentre l'ebbrezza scrittoria non esige nulla, né una presenza particolare, né materiale di qualità: carta riciclata, una penna a sfera, è perfetto. Mai come in questo caso, il contenitore non ha importanza, dal momento che tu stesso sei il contenitore, un involucro senza valore.

A parità di "alcolemia", l'ebbrezza da scrittura è più interessante, più sensuale, più potente e più duratura. Certo è più pericolosa per la nostra vita, ma non mette a repentaglio quella degli altri, soprattutto se non si viene letti, obiettivo facile da raggiungere.

Le istruzioni per l'uso sono semplici: bisogna scrivere. Per farlo, è inutile aspettare l'idealizzata ispirazione. Ti svegli al mattino, ti prepari una bella dose di un eccitante legale, té o caffè, e lo assumi senza pensarci su. Poi, senza farti domande, ti metti all'opera. In un primo tempo, l'unica cosa che conta è avviare la macchina.

Inutile cercare la folgorazione: si fa girare il motore nella speranza che scocchi la scintilla sperata. Se ci si comporta con onestà, senza esitazioni, come l'umilissimo meccanismo che sappiamo di essere, le polveri non tarderanno a prendere fuoco.

Si parte. All'inizio, lentamente. Sei già tanto meravigliato e contento di procedere: perché dovresti andare veloce? Grazie al motore a scoppio, la sensazione dello sforzo scompare rapidamente: le deflagrazioni interne continuano senza che uno se ne renda conto, a ritmo serrato. Si vede sfilare il paesaggio.

Improvvisamente, la macchina parte a razzo: l'implosione arriva al cervello. Ecco, sei ubriaco. Nelle testa, è lì che accade. L'eccitazione è intensa, la pressione folle. Vorresti che questa condizione durasse in eterno: con un po' di esperienza, si può almeno prolungarla. Bisogna continuare a scrivere: puoi lasciarti andare all'esaltazione della velocità, se sei sicuro del veicolo.

L'unica condizione per abbandonarsi all'ebbrezza scrittoria è la seguente: è proibito montarsi la testa. Non dimenticare mai che sei un contenitore, punto e basta. Si sono visti troppi principianti prendere il volante della scrittura e immaginare che i bei meccanismi esplosivi fossero un'emanazione del loro io più profondo. Ricordati che tutto questo è sbronzografia e ringrazia ogni istante la musa ebbrezza: se la mente è in grado di mollare gli ormeggi è solo grazie a lei.

Se ti ricorderai sempre della tua nullità e del tuo debito verso la musa degli eccessi, potrai scrivere pagine e pagine, per ore, ti potrai sbronzare, ubriacare, potrai bere fino allo sfinimento: non avrai mai il dopo sbornia.

 (Amelie Nothomb)




domenica 22 gennaio 2012

Viaggi (3)


Ma viaggia tu, io sto bene dove sono,
che vengono da fuori, qui, poi c’è Sogliano
Verucchio, Perticara, che non ci sono mai stato
a Perticara, neanche tu? Ma allora
cosa vai a cercare in giro, che io, solo il letto
forestiero, il cuscino, che se non ho il mio,
poi tutto, vai via col sole, arrivi che piove
non conosci nessuno, devi sempre chiedere,
e le gambe, quand’è notte, vedere il mondo?
che dopo sei più coglione di prima,
ma a me piacciono anche i posti dove non succede niente.
 Calo giù nel Marecchia
uno slargo,vai dove ti pare, e tutti quei sassi
ma ce n’è che hanno dei colori,
rilucono, sott’acqua, queste sono le città!
O sono balengo? E più in là due bambine
con un gran mazzo di fiori gialli ridono, corrono,
a piedi nudi, sui sassi, ma come fanno?

[“Mo viaza tè, mè a stag bèn do ch’a so,/ch’i vèn da fura, aquè, pu u i è Suièn,/Vròcc, la Pargàia, ch’a n ‘i so mai stè/ma la Pargàia, gnenca tè? Mo ‘lòura/csa vèt zarchè vaièun, che me sno e’ lèt/furistir, e’ cuschi, che sa n’ò e’ mèi,/pu tòtt, t vè vèa se sòul, t’arèiv ch’e’ piòv/ta n cnòss niscèun, u t tòcca dmandè sèmpra/e al gambi quand l’è nòta, vdài e’ mond?/Che dòp t ci piò pataca ca ne prèima,/mo me u m pis ènca i pòst ch’u n suzèd gnènt./A cal zò te Mareccia,/un slèrg, t’vè do ch’u t pèr, e tott chi sas,/mo u i n’è ch’à di culèur,/i lèus, sott’aqua, quèsti l’è al zità!/ O a so balengh? E piò in là do burdèli/s’un gran maz ad fièur zal, al rèid, al còrr,/a pi nèud, sòura i sas, mo cmè ch’al fa?”]

Raffaello Baldini, Viazè




The Game



sabato 21 gennaio 2012

Viaggi (2)


I viaggi sono quelli per mare con le navi, non coi treni. L'orizzonte dev'essere vuoto e deve staccare il cielo dall'acqua. Ci dev'essere niente intorno e sopra deve pesare l'immenso, allora è viaggio.

(Erri De Luca, il giorno prima della felicita) 
























giovedì 19 gennaio 2012

mercoledì 18 gennaio 2012

Via dalla pazza folla


Essa decise, entro di sé, di non disturbare mai più, né con un segno né con uno sguardo, il tranquillo decorso della vita di quell'uomo, ma la decisione di evitare un male raramente prende corpo prima che il male non sia tanto progredito da rendere impossibile evitarlo.


(Thomas Hardy, Via dalla pazza folla) 



 Julie Christie sings this classic folk song in the 1967 film 'Far From the Madding Crowd'


Verità Nascoste





Vorrei raccogliere il tuo mondo
e liberare i grandi sogni
e colorare i tuoi disegni
di disperate notti bianche,
e ridere come chi vince
la sua vita in un gioco perdente.
Vorrei riprendere il viaggio
che ho già percorso al tuo fianco
per diventare il tuo cavallo
e trasportare dolcemente
il peso del tuo amore,
cancellando ogni dubbio in te.
Vorrei tornar nei nostri luoghi
per risentire le parole
che sussurravi ad un sordo,
ma ecco il tempo che non tace;
vorrei, vorrei far vivere
questa nuova ed immensa verità



giovedì 12 gennaio 2012

venerdì 6 gennaio 2012