martedì 31 maggio 2016

Nota









Parole che valgono





E così, non si avrà uno stato di vera pace fino a che non vi sia una morale vigente e effettiva incamminata verso la pace, fino a che le energie assorbite dalla guerra non vengano incanalate, fino a che l'eroismo non incontri vie nuove, l'eroismo di coloro che basano sulla guerra il compimento della loro vita, fino a che la violenza non sia cancellata dai costumi, fino a che la pace non sia una vocazione, una passione, una fede che ispira e illumina.
Marìa Zambrano










Il ragno





Il ragno si annoia, ma non sa di annoiarsi. Ha già percorso diverse volte la sua tela e ha rammendato gli squarci; poi, per fare qualcosa, ci ha aggiunto qua e là delle piccole migliorie, piuttosto inutili poiché nessuno arriva. 
È stato uno sbaglio tessere una ragnatela in quel posto così solitario. Infastidito dai calabroni che gli stracciavano la tela per poi andarsene come erano venuti, il ragno ha scelto un angolo sicuro ma deserto, e ora si annoia. A volte un seme leggero, portato dal vento, si imbatte nei fili; il ragno si affaccia, diffidente e speranzoso, fa per avvicinarsi, capisce che è stato un falso allarme e rientra nella sua galleria conica insaccata tra due foglie morte. Tanto lavoro per niente.
Alla fine il ragno lascia la sua tela e va a fare quattro passi sull'oleandro in fiore. Si sente nell'addome la voglia di fare dei fili, tanti fili. Ne attacca uno a un ramo e si lascia cadere, appeso alla cordicella lucida che gli vien fuori dal ventre: è il suo passatempo preferito, quando non sa che fare. Il suo corpo come un carboncino luccica dondolandosi al sole; un'aria tiepida gli carezza i peli neri delle zampe. Finché non viene avvistato da un passero in volo; svelto, l'uccello gli si getta sopra, ma lui si è accorto del pericolo e si e lasciato cadere mezzo metro più in basso. Il passero urta contro il filo appiccicoso e prosegue il volo trascinandosi dietro il ragno appeso. Finalmente il ragno cade a terra e ancora scosso dall'emozione riprende la strada verso la tela abbandonata, ostinato, invece di fermarsi lì e tesserne un'altra.

Wilcock, Lo stereoscopio dei solitari


 




venerdì 27 maggio 2016

Protocollo




Sono cresciuto in un quartiere di comunisti e camorristi,
sia i primi che i secondi sono morti di lavoro,
certi con l’amianto,
certi con il piombo,
ho visto funerali con cinque persone nel corteo,
e sagome bianche disegnate dai carabinieri sul marciapiede,
i genitori dei miei compagni di classe erano reclusi,
alle riunioni con gli insegnanti non c’era nessuno,
poi il quartiere è diventato post industriale e camorra new melodic gomorra style,
i comunisti hanno comprato le Nike argentate,
e fumano sigarette elettroniche,
i camorristi si fanno i selfie su facebook,
e portano le Nike argentate,
io continuo a scrivere,
ero scemo a scuola,
e per coerenza lo sono ancora,
faccio la spesa al supermercato,
c’è una cassiera cinese,
mi sbaglio sui soldi,
ma lei non dice niente,
porta gonne corte e tiene le cuffiette,
attraverso il quartiere,
cammino fino al panificio che fa le rosette più buone di Napoli,
e alcune volte dalla mia finestra si vede il mare.



 







giovedì 26 maggio 2016

Look beyond borders / Experiment




When talking about the problem of refugees, we use dehumanised language, which reduces human tragedy to numbers and statistics. But this suffering concerns real people, who – just like us - have families, loved ones, friends; their own stories, dreams, goals... Only when you sit down opposite a specific person and look into their eyes, you no longer see an anonymous refugee, one of the migrants, and notice the human before you, just like yourself – loving, suffering, dreaming...
20 years ago, psychologist Arthur Aron discovered that 4 minutes of looking into each other's eyes can bring people closer. Using this discovery, we decided to carry out a simple experiment, during which refugees and Europeans sat opposite each other and looked into each other's eyes. Clearly, it is most important to give each other time to better understand and get to know each other.
The experiment was conducted in Berlin: the city, which - first of all - is a symbol of overcoming the divisions, and secondly, seems to be the centre of the contemporary Europe. We wanted the movie created on the basis of the experiment to be as symbolic as possible – and to touch upon the general divisions between people.
The experiment participants were ordinary people. The situations were not staged; we wanted to get natural, spontaneous reactions. The people sitting opposite each other had not known each other before and saw each other for the first time during the experiment. What is important, the refugees mostly came from Syria and had not been living in Europe for longer than a year. 

(Amnesty International)

 




martedì 24 maggio 2016

Ciechi per scelta




di Andrea Panico

Aeroporto di Kos. Lascio Kos.
Quello che ero è già andato via da tempo, insieme alle promesse mai mantenute e alle giacche e alle cravatte dello studio legale di Via Piave n. 8.
Non ho nascosto nulla in un cofanetto di un armadio, stavolta i resti maciullati di quella vita di secoli fa sono in fondo al mare. Coordinate precise, profondità.
Ricordo tutto.
Dove come e perché.
La quotidiana strage di diritti a cui ho assistito e il fumo denso della plastica, che a Idomeni bruciava a qualunque ora del giorno e della notte, devono avere ostruito qualche valvola cardiaca. Perché da quel caos sussurrato in sette lingue differenti nel fango della tendopoli qualcosa uscendo ha aggredito il mio sistema immunitario, fortificato l’anima e rigettato ogni idea di compromesso con la storia.
Che non avvenga in mio nome, né nel nome di coloro che amo: le vostre politiche restrittive, la vostra applicazione pratica di idee di sicurezza e di caccia allo straniero, la vostra follia contenuta in accordi di dolore e morte.
Questa è roba vostra e delle vostre commissioni e sottocommissioni parlamentari.
A noi "
solo" la colpa di avere permesso che tutto ciò potesse accadere lasciandovi banchettare sulle carcasse dei siriani.
E degli afgani.
E degli iracheni.
E dei pakistani.

  
Mio dio. Cosa siamo.
Che cosa siamo diventati.
E l’assenza di punti interrogativi nelle precedenti due proposizioni e’ dovuta al fatto che nessuno di noi ha più il diritto di porsi domande. I dati e le statistiche, sono le risposte.
Ciechi per scelta. Tutti noi. Ngo, nazioni unite, paesi e popolazioni.
Un giorno di queste mani sporche di sangue scuro, di quello arterioso che nel macchiare non vien più via, dovremo dare conto ai nostri figli.
Quando, seduti intorno a un tavolo, con i libri di storia tra le mani, chiederanno il perché delle migliaia di vite sterminate.
Pretenderanno spiegazioni per questa nostra scelta di guardare le cose da lontano lasciando che gli eventi si susseguano. Come davanti uno schermo con pop corn e coca cola si osserva annoiati un film muto, concentrandosi più sul cibo che sulla trama, sperando che la pellicola termini il prima possibile.

[23 maggio 2016]

http://www.meltingpot.org/



Box of stone





I am lonely, alone in a box of stone
They claim they loved me but they all lieing
I am lonely alone in a box of my own
And this is the place, I now belong
Its my home, home, home, home home home home 




 

giovedì 19 maggio 2016

Pulitzer Photo 2016




Greek photographers win Pulitzer Prize with these images of refugee crisis







 

 







martedì 17 maggio 2016

Addio, e grazie




È importante e risaputo che le cose non sempre sono ciò che appaiono. Per esempio sul pianeta Terra gli uomini hanno sempre ritenuto di essere più intelligenti dei delfini. Sostenevano infatti che mentre loro avevano inventato un sacco di cose, come la ruota, New York, le guerre, ecc., i delfini non avevano fatto altro che sguazzare nell'acqua divertendosi. Al contrario invece, i delfini sapevano da tempo dell'imminente distruzione della Terra e avevano tentato più volte di avvertire l'umanità dell'incombente pericolo; ma i loro messaggi erano stati fraintesi e interpretati come divertenti tentativi di dare calci a palle da football o di fischiare per avere bocconcini prelibati. Così alla fine i delfini rinunciarono e se ne andarono dalla Terra coi propri mezzi, poco prima che arrivassero i vogon.
L'ultimissimo messaggio lanciato dai delfini fu interpretato come un tentativo estremamente raffinato di fare un doppio salto mortale all'indietro dentro un cerchio, fischiettando nel contempo La bandiera a stelle e strisce: in realtà invece, il messaggio diceva Addio e grazie per tutti quei pesci.
In effetti, c'era una sola specie, sul pianeta, più intelligente della specie dei delfini: era una specie che passava la maggior parte del tempo nei laboratori di ricerca sul comportamento, a correre in tondo dentro delle ruote e a condurre esperimenti estremamente fini e complessi sull'uomo. Il fatto che ancora una volta l'uomo dimostrasse di fraintendere completamente il rapporto con un'altra specie era pienamente in conformità coi piani degli esseri più intelligenti della Terra.

Douglas Adams, Guida galattica per gli autostoppisti






domenica 15 maggio 2016

Esclusi



Chi è già escluso o chi si trova sulla soglia dell'esclusione viene sospinto dentro limiti invisibili ma solidissimi, che limitano i nuovi territori dell'emarginazione, mentre la libertà individuale di chi è già libero non guadagna molto in termini di risorse da questa eliminazione. L'unico esito assicurato è la percezione di una sensazione sempre più generale di insicurezza

Zygmunt Bauman









3D Brush




Si chiama Tilt Brush, è firmata Google, e sposa in pieno il concetto di realtà virtuale. Basta questo per intuire che si tratta di una App che farà parlare di sé. Gli ingegneri di Mountain View ci lavoravano da mesi, ma il progetto è stato svelato appena qualche giorno fa.
Con Tilt Brush è possibile dipingere in 3D: è sufficiente scegliere colori e pennello e cominciare a creare con semplici gesti della mano. La vostra stanza diventerà la vostra tela, in cui muovervi e spostarvi mentre disegnate. E visto che si tratta di realtà virtuale, potrete anche usare materiali cui mai avreste pensato, come il fuoco, le stelle o i fiocchi di neve” 
 








sabato 14 maggio 2016

Terra




Lontano, nei dimenticati spazi non segnati nelle carte geografiche dell’estremo limite della spirale Ovest della Galassia, c’è un piccolo e insignificante sole giallo. Ad orbitare intorno ad esso, alla distanza di centoquarantanove milioni di chilometri, c’è un piccolo, trascurabilissimo pianete verdeazzurro, le cui forme di vita, discendenti dalle scimmie, sono così incredibilmente primitive che credono ancora che gli orologi da polso digitali siano un’ottima invenzione.
Questo pianeta ha, o meglio aveva, un fondamentale problema: la maggior parte dei suoi abitanti era afflitta da una quasi costante infelicità. Per risolvere il problema di questa infelicità furono suggerite varie proposte, ma queste perlopiù concernevano lo scambio continuo di pezzetti di carta verde, un fatto indubbiamente strano, visto che a essere infelici non erano i pezzetti di carta verde, ma gli abitanti del pianeta. E così il problema restava inalterato: quasi tutti si sentivano tristi e infelici, perfino quelli che avevano gli orologi digitali.
Erano sempre di più quelli che pensavano che fosse stato un grosso errore smettere di essere scimmie e abbandonare gli alberi. E c’erano alcuni che arrivavano a pensare che fosse stato un errore perfino emigrare nella foresta, e che in realtà gli antenati sarebbero dovuti rimanere negli oceani.

Douglas Adams, Guida galattica per gli autostoppisti

 

 

 

 

Casa



Dammi una casa
che non sia mia,
dove possa entrare e uscire dalle stanze
senza lasciar traccia,
senza mai preoccuparmi dell'idraulico,
del colore delle tende,
della cacofonia dei libri vicino al letto.
Una casa leggera da indossare,
in cui le stanze non siano intasate
dalle conversazioni di ieri,
dove l'ego non si gonfia
a riempire gli interstizi.
Una casa come questo corpo,
così aliena quando provo a farne parte,
così ospitale
quando decido che sono solo in visita.

Arundhathi Subramaniam








mercoledì 11 maggio 2016

Parole




Non c’è parola più certa di un’altra.
S’impara a tacere con gli anni,
anche se sembra che parliamo.
Si nasce senza parole
e con tutte le parole distrutte ce ne andiamo.
E tuttavia,
nonostante vivere significhi ammutolire,
esiste un piacere primordiale nel silenzio,
che giustifica tutti i silenzi.
Javier Vicedo Alós

 



Cavie




Linda Koebner aveva solo 23 anni quando liberò dalle gabbie tre scimpanzé vissuti dalla loro nascita come cavie in un laboratorio senza mai vedere la luce del sole. Le scimmie furono reintrodotte in natura proprio grazie a Linda; ci sono voluti 4 anni per far in modo che i due fossero autonomi e capaci di vivere nel loro ambiente naturale. Poi per 18 lunghi anni Lisa non si era mai più avvicinata agli scimpanzè, ed era convinta che l’avessero dimenticata...








domenica 8 maggio 2016

Finally






Dreamers
They never learn
Beyond the point
Of no return
And it's too late
The damage is done






giovedì 5 maggio 2016

Deepwater



Sembra un Ufo ma è semplicemente una medusa di un tipo finora sconosciuto, scoperta per caso alla profondità di circa 4000 metri nella fossa delle Marianne da un sottomarino-robot della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) statunitense. La 'Medusa Ufo', com'è stata temporaneamente battezzata, appare come un globo trasparente con luci rosse e arancioni al suo interno, contornato da lunghi sottilissimi tentacoli bianchi. Secondo i biologi marini americani la medusa ripresa dal drone Deep Discoverer del NOAA potrebbe appartenere a una sottospecie della Crossota, un tipo di predatore che rimane per lunghi periodi immobile in attesa di catturare una preda con i suoi lunghi tentacoli. Le 'luci' interne dovrebbero essere in realtà il sistema digestivo e le gonadi della medusa.









martedì 3 maggio 2016