venerdì 31 marzo 2017

giovedì 30 marzo 2017

Percezioni & statistiche





Il post tratta di studi sulla percezione del terrorismo e altri pericoli imminenti come cancro o cambiamento climatico, e paragona la percezione alla probabilità statistica che ciò avvenga. Se però da una parte il terrorismo è un tema quotidiano, dall’altra è un pericolo molto meno probabile e imminente rispetto ad avvenimenti meno trattati come il surriscaldamento. Questo non basta a fermare i governi occidentali dall’aumentare gli investimenti in difesa, né la stampa mondiale dal trattare le quattro vittime di Londra con due pesi e due misure.
L’attentato a Westminister ha risollevato il polverone sul terrorismo. Lo ha fatto in un periodo in cui la chiusura delle frontiere, l’aumento di spese militari o il farsi giustizia da soli contro i migranti sono temi sulla bocca di leader politici e opinionisti. I quotidiani di tutto i mondo aprono con le foto di Londra mentre l’Italia si blinda e aumenta i controlli. “Terrorismo” è stato il tema più trattato dalla stampa nel 2015, insieme a “guerra e religione” e “migranti”. Campagne di successo come la Brexit e l’elezione di Trump hanno trattato il binomio migrazione e terrorismo islamico come caposaldo delle proprie demagogie più popolari.
Molti potranno essere indifferenti per la morte, alla tenera età di 25 milioni di anni, della Great Barrier Reef, la più grande barriera corallina al mondo, e per l’impatto che ciò sta avendo sul pianeta. Allo stesso modo non è scontato discutere delle strepitose innovazioni sociali e sanitarie in grado di salvare milioni di vite. C’è un tema però di cui tutti parlano e che viene temuto come un pericolo imminente e una minaccia quotidiana, il terrorismo islamico. Ma è questa percezione in linea con la realtà?
Il grafico a cura di Susanna Hertrich, ricercatrice nel campo della meta-percezione, compara l’attenzione dell’opinione pubblica e dei media su alcuni temi, con le probabilità statistiche che ciò che di cui parlano si realizzi.


Ora va detto che nell’ultimo anno i morti per terrorismo nei paesi Ocse sono cresciuti del 650%, nonostante nel mondo siano in calo del 10%. Tuttavia, secondo il Center for Disease control and prevention, la probabilità di morire per un attentato (non per forza islamico) è appena una su 20 milioni, due volte meno probabile che perdere la vita in ascensore e cento volte meno probabile che essere colpiti da un asteroide. In confronto si ha circa una possibilità su cinque di morire di cancro. Mentre secondo il Global priorities project la probabilità di perire in un incidente d’auto è una su 10mila, dieci volte minore di quella causata da eventi catastrofici legati al cambiamento climatico, i quali ogni anno divengono sempre più probabili. Morire per il cambiamento climatico è dunque 20mila volte più probabile che perdere la vita in un attacco terroristico. Non consideriamo poi il fatto che la possibilità di esser uccisi da un attentato ad opera di un rifugiato è una su 3,6 miliardi, né che questi dati riguardino prevalentemente gli Usa, dove il terrorismo uccide molto di più che in Italia, luogo in cui i fondamentalisti islamici non causano stragi da oltre 30 anni. 

 
(…) Nel 2017 in Italia spenderemo 64 milioni di euro al giorno in difesa, una crescita del 21% in 10 anni. Mentre in ricerca e sviluppo, ovvero nell’unica soluzione a pericoli più imminenti, investiamo 349 milioni milioni all’anno (altro che al giorno).
Di conseguenza se proprio vogliamo parlare di terrorismo, oltre che sui dati, perché non ragionare su quanto ricerca e innovazione stiano progredendo in questo campo? Il mondo è ricco di iniziative di integrazione che, quotidianamente, lottano con successo per scongiurare i conflitti religiosi, ma che sono praticamente sconosciute. (…)
Solo cambiando il nostro approccio alla comunicazione e riappropriandoci del senso della misura potremo sperare di attraversare l’immenso mare che separa percezione e realtà. Questo è lo stesso vuoto che intercorre tra la post-verità e le verità dei fatti, e che oggi compromette le vite e le coscienze di milioni di persone.








Lessons




Schoolchildren attend a yoga session


1300 people practicing Tai Chi







mercoledì 29 marzo 2017

Tutto è mare






Sono abitatrice delle sabbie, di alte spume:
le navi passano per le mie finestre
come il sangue nelle mie vene,
come i piccoli pesci nei fiumi…
Non hanno vele e hanno vele;
e il mare ha e non ha sirene;
e io navigo e sto ferma,
vedo mondi e sono cieca,
perché questo è un male di famiglia,
essere di sabbia, di acqua, di isola…
E persino senza barca naviga chi al mare è stata destinata.
Dio ti protegga, Cecilia,
che tutto è mare e niente più.

          Cecilia Meireles, Spiaggia






Tuttologi




Magari qualcuno lo sa, Concita De Gregorio ha dedicato qualche giorno fa la sua rubrica ai fatti di Grosseto, le solite storie di mamme (padri mai pervenuti, non sai mai) che si azzuffano per questioni veg.
Ok, la tuttologia è davvero un problema. De Gregorio, o Gramellini, o Serra, devono parlare e commentare su tutto lo scibile umano, anche di ciò su cui non hanno la benché minima nozione. Lo possono fare con più o meno ingegno, bella scrittura, intuizione giornalistica (ok, Gramellini manco quello), ma quando vanno su territori per loro vergini ecco il trionfo del luogo comune, la scivolata nel qualunquismo, l’inutilità insomma di una riflessione basata sul sentito dire, sull’approssimazione, sul riciclo concettuale. La tuttologia è un problema perché porta ad affrontare con perniciosa leggerezza temi su cui non si sa nulla.
Ma questo, d’altronde spinge a pensare: perché tante persone colte, progressiste (sulla carta), attente alla società, alle persone (quasi sempre solo quelle umane, ahimé), ai diritti, non sanno nulla di un tema così cruciale della nostra epoca (non l’abbiam detto noi, che possiamo passare per fissati, ma uno che invece, anche con le sue contraddizioni, ci pensa, come Edoardo Albinati)? Perché si tende a ridurre a una questione di moda, di gusti, di “Roma o Lazio” insomma, ciò che invece è (dovrebbe essere) questione politica, etica, ecologica (vedi al proposito le disquisizioni sempre fuorvianti di Marino Niola sulle diete)? Perché chi si occupa di razzismo, di sessismo e di altre piaghe sociali troppo spesso non sa niente di specismo e antispecismo? E sì che di testi su cui documentarsi, ad averne voglia, ce ne sarebbero a iosa: di filosofi, attivisti, giornalisti, scrittori che hanno esplorato questi campi con posizioni varie, interessanti, illuminanti, discutibili, siano Roberto Marchesini o Jonathan Safran Foer, Peter Singer o Marco Maurizi ecc. ecc.
Noi consigliamo sempre, per rimanere in ambito letterario, il meraviglioso dittico di J. M. Coetzee, Elizabeth Costello/La vita degli animali, testi tra i più belli della nostra epoca. Però appunto, prima leggere, informarsi, riflettere. Poi scrivere, parlare, giudicare, se proprio si deve.

 

«Non hanno una coscienza e dunque. Dunque cosa? Dunque siamo liberi di usarli per i nostri fini? Dunque siamo liberi di ucciderli?» 

 



 

martedì 21 marzo 2017

Nostalghia




"Nostalgia, per noi russi, non è un sentimento leggero come per voi, ma una malattia mortale che spinge a viaggiare, alla ricerca della propria patria perduta...

A. Tarkovskij




Nostalghia non è soltanto il canto elegiaco della Russia, ma è espressione personalistica dell’arte, caratteristica peculiare che ritroviamo anche in altri suoi film. E’ anche celebrazione lirica della Toscana vista con gli occhi della grande terra russa. E’ una Toscana malinconica, piena di sottili simbolismi, di un singolare intreccio allegorico tra arte e tradizione popolare che trova il suo connubio nell’ancora terrena. Possiamo dunque affermare che la Toscana per Tarkovskij è il nodo che unisce il canto naufrago della Russia e la malinconia della terra toscana. Il dualismo occidentale si risolve così nell’unità, nel sensazionale recupero dell’armonia, nel ritrovamento di una piccola Russia nella piccola, ma ricchissima, tradizione storica della nostra Toscana. Nel racconto preparatorio di Nostalghia, il regista scriveva:

“Il cielo è pieno di nuvole bianche, leggere, simili ai disegni di un fuoco d’artificio. Le loro ombre scivolano sulle colline fondendosi con le ombre degli alberi. Questa alternanza di luce e di ombra sulla superficie liscia delle colline, che come onde del mare che si spingono l’una dopo l’altra fino all’orizzonte, sembra il respiro della vita stessa, il ritmo solenne della natura, pieno del frinire delle cicale e della luce abbagliante del sole nei momenti in cui spunta dalle nuvole. Questa terra arata di Toscana percorsa dalle ombre delle nuvole è bella quasi come sono i miei boschi, le mie colline, i miei campi, lontani, russi, antichi, irraggiungibili ed eterni”.





lunedì 20 marzo 2017

Lauren & Fluffy





Friendship series,
Photographer Juan Osorio.
The ‘Friendship’ series follows Osorio’s faithful friend and ex-swimmer Lauren as she bonds in the water with a little puff-ball known only as ‘fluffy. Taken from an angle that blends surface and underwater, the images give viewers an up-close perspective on the dynamic, and undeniably cute relationship of human and animal.  Captured entirely on-camera without any Photoshop trickery, Juan says these two are actually friends and actually swim together… 

 
 
 
 
 
 
 
 
 




 

Il paradosso democratico




Atene, qualcosa a.C.
Ehi, ragazzi, sentite qua: facciamo votare tutti i cittadini, così è impossibile che vada al potere un tiranno.
Geniale!
E invece non era geniale.
È il paradosso democratico: se la gente è libera di scegliere, può scegliere di rinunciare alla libertà di scegliere. Ovviamente non se ne rende conto, lei pensa di stare solo scegliendo di togliere la libertà a quelli che le stanno antipatici, solo che, togli la libertà a questo, togli la libertà a quello, prima o poi ti ritrovi che qualcuno toglie la libertà pure a te. Il concetto che, per essere libero tu, è necessario che siano liberi anche gli altri non è ancora passato. Se tutti fossimo razionali, concordi sull’oggettività dei fatti e aperti all’idea che ogni tanto può anche succedere di avere torto, la democrazia funzionerebbe. Il problema è che ci sono anche gli stupidi.
Sì, lo so che è brutto da dire, che è considerata una cosa fascistoide e tutto quanto, ma io non sto dicendo che queste persone non dovrebbero avere il diritto di votare (questo sarebbe fascistoide), sto solo dicendo che esistono e che sono pericolose per la democrazia. Sono quelli che, quando in televisione vedono delle persone colorate in modo diverso dal solito, la prima cosa che provano è fastidio, e invece di limitarsi a spegnere la televisione, che sarebbe la cosa più semplice da fare, si procurano una scheda elettorale, una matita copiativa e vanno a votare la persona meno democratica a disposizione.
In base a uno studio pubblicato su Psychological Science (Hodson & Busseri, 2012), esiste una correlazione fra stupidità e razzismo. In particolare gli autori hanno trovato che una minore intelligenza durante l’infanzia conduce a un maggiore razzismo in età adulta. Nell’articolo si legge anche questo:

Our synthesis demonstrates that cognitive ability plays a substantial role not only in predicting prejudice, but also in predicting its potential precursors: right-wing ideologies and authoritarian value systems, which can perpetuate social inequality by emphasizing the maintenance of the status quo, and a lack of contact and experience with out-groups.

Questo è un fatto e, come tutti i fatti, non è né di “destra” né di “sinistra” né di “né di destra né di sinistra”. È solo un fatto e ogni democrazia che voglia sopravvivere dovrebbe tenerne conto. A dire la verità le democrazie ne tengono già conto, a questo dovrebbero servire cose come la rappresentanza parlamentare al posto della democrazia diretta, la divisione dei poteri, le elezioni di secondo grado e così via, solo che ultimamente gli stupidi si stanno facendo furbi.
Ovviamente non è da prendere in considerazione l’idea di impedire agli stupidi di votare, visto che salvare la democrazia distruggendo la democrazia non mi sembra proprio una buona idea. E non vale neanche usare trucchi tipo, che so, mettere in giro la voce che votare fa venire l’autismo. Troppo comodo. Se le persone intelligenti sono veramente così intelligenti come dicono, allora devono essere in grado di sconfiggere gli stupidi senza trucchi.
Per riuscirci, tanto per cominciare, dovrebbero prendere esempio da loro. Prima di tutto: restare uniti, come si dovrebbe sempre fare quando ci si ritrova in un film dell’orrore. Invece di solito i protagonisti si separano, vanno in giro ognuno per conto suo e così vengono uccisi uno dopo l’altro. Anche se gli intelligenti trovano così appagante passare il tempo a farsi le pulci l’un l’altro, anche se magari, a volte, hanno l’impressione che sia divertente mettersi dalla parte degli stupidi e aizzarli contro gli altri intelligenti, dovrebbero invece sforzarsi di stare uniti, perché gli stupidi sono uniti. Divisi su tutto, come tutti, ma uniti come miliardi di fratelli gemelli in un unico grande scopo: distruggere la democrazia.
C’è un’altra cosa che bisognerebbe copiare dagli stupidi: lasciar perdere le argomentazioni razionali. Basta. Quest’idea che per sconfiggere un’idea sbagliata serva la razionalità è un retaggio del liberalismo ottocentesco. La razionalità funziona solo con le persone razionali, non con gli stupidi. Se con gli stupidi cerchi di confutare una stupidaggine ottieni solo l’effetto di rafforzarla, perché più una stupidaggine viene ripetuta, più circola e più circola, più si sedimenta. L’autorevolezza di una stupidaggine non sta nella sua fondatezza (non ha nessuna fondatezza), ma nel numero di volte che è stata ripetuta, per questo motivo quando una persona intelligente si trova di fronte a una stupidaggine, non deve confutarla, deve solo boicottarla, far finta che non esista. Qualche volta bisogna imparare a rinunciare alla propria libertà di parola.
Terza cosa fondamentale: sfruttare il punto debole degli stupidi, che, forse vale la pena ricordarlo, è la stupidità. Gli stupidi si interessano alle elezioni solo perché sentono parlare di questioni generiche in modo approssimativo: “la vostra crisi non la paghiamo”, “aiutiamoli a casa loro”, “così tenero che si taglia con un grissino” e così via, ma se tutte le persone intelligenti che lavorano nei media, che sono la maggior parte, parlassero solo di questioni precise in modo dettagliato, gli stupidi si annoierebbero. Nessuno stupido riuscirebbe mai ad appassionarsi alla relazione inversa fra tasso di inflazione e tasso di disoccupazione o alla differenza fra sunniti e sciiti, e il giorno delle elezioni se ne resterebbe a casa a giocare a tennis col gatto.
La politica deve essere una cosa noiosa.

Pubblicato da Smeriglia | 20.3.17


 





Photo





Mohammed Mohiedin Anis, or Abu Omar, 70, smokes his pipe as he sits in his destroyed bedroom, listening to music on his hand-cranked gramophone in Aleppo's formerly rebel-held al-Shaar neighborhood in Syria. Anis had recently returned to Aleppo, with plans to rebuild not only his home, but his large collection of vintage American cars, despite everything being reduced to wreckage and rubble. 
When reporters asked him about the gramophone, he responded “I will play it for you, but first, I have to light my pipe. Because I never listen to music without it.” 

Photo: Joseph Eid / AFP / Getty
Read photographer Joseph Eid's full account of his time spent 
with Anis here. #

 
 

domenica 19 marzo 2017

Army of ducks





Due volte al giorno, nelle vigne di Vergenoegd, in Sudafrica, un esercito di circa 1000 papere viene mandato in missione: proteggere le viti da lumache e parassiti. Negli ultimi mesi grazie all'instancabile lavoro delle papere l'azienda ha ridotto sensibilmente l'uso di pesticidi. E proprio alle papere è stato intitolato un nuovo vino: "Runner duck"






Ode al gatto




(…)
forse tutti si credono padroni
proprietari parenti di gatti
compagni colleghi
discepoli o amici
del proprio gatto.
Io no
io non sono d'accordo
io non conosco il gatto
so tutto
la vita e il suo arcipelago
il mare e la città incalcolabile
la botanica
il gineceo coi suoi peccati
il per e il meno
della matematica
gli imbuti vulcanici del mondo
il guscio irreale
del coccodrillo
la bontà ignorata del pompiere
l'atavismo azzurro
del sacerdote
ma non riesco
a decifrare un gatto
sul suo distacco
la ragione slitta
numeri d'oro
stanno nei suoi occhi.

Neruda, da Ode al gatto







sabato 18 marzo 2017

mercoledì 15 marzo 2017

Perchè?




(…) e, devo dire, non capisco neppure perché certa gente è disposta a pagare per venire ribaltata e sospesa e riprecipitata e poi sbattuta ad alta velocità avanti e indietro, e infine riappesa a testa in giù fino a che vomita. È come pagare per fare un incidente stradale. Non lo capisco proprio, e non l'ho mai capito. Non è un fatto regionale o culturale. Penso che il mondo si divida nettamente tra quelli che all'induzione programmata di terrore si eccitano, e qualli che non si eccitano affatto.
Il terrore, per me, non è eccitante. È terrificante. Penso sia un fatto di costuituzione neurologica. Uno dei miei fondamentali scopi di vita è sottoporre il mio sistema nervoso alla minima quantità totale di terrore possibile. Naturalmente, il paradosso crudele è che un tipo simile di costituzione va di pari passo con la fragilità nervosa e con un'estrema suscettibilità al terrore. (…) perché spendere soldi perché ti accada qualcosa cui sarai grato di sopravvivere?

David Foster Wallace, da Tennis, tv, trigonometria, tornado