domenica 31 agosto 2014

Guardiani della Terra



Bishnoi: I guardiani della Terra 

Le popolazioni tribali mantengono spesso una forma di regolamentazione interna che non ha niente da invidiare a quella delle comunità più civilizzate, al contrario a volte dovremmo essere noi a guardare a loro con un occhio diverso ascoltando cosa hanno da dirci, quale purezza hanno da trasmettere.
In paesi come l’India o il Brasile, all’interno di quella natura che fino a poco tempo fa la faceva da padrona fin quando non ha incominciato ad essere sacrificata  a vantaggio ancora non hanno saputo bene spiegarci di chi, visto che anche chi la danneggia ne subirà prima o poi le conseguenze, vivono ancora popolazioni di carattere tribale o semi-tribale che si autogovernano e che ben sanno qual’è il valore dell’ambiente che li ospita e per questo combattono, instancabili eroi a guardia dei grandi, antichi, verdi misteri di questo mondo.
 In mezzo al deserto de Rajasthan, tra la polvere e le antilopi, vive un’antica tribù di “Guardiani degli alberi”, i Bishnoi, un popolo la cui cultura è caratterizzata da un rispetto totale per l’ambiente e per gli altri essere viventi e le cui donne sono spesso fotografate e riprese mentre allattano al seno cuccioli di antilope che hanno l’abitudine di adottare quando li raccolgono orfani e affamati.
 Questa popolazione tribale è molto temuta e rispettata in Rajasthan, temuta soprattutto da bracconieri e trafficanti che attraversano il loro territorio danneggiando ed uccidendo.
Hanno sangue guerriero e la tradizione si accompagna ad un forte e sempre rinnovato rispetto per la natura a tutto tondo; i Bishnoi sono dei veri e propri eco-guerrieri, molti di loro nel 1730 sacrificarono la vita per salvare degli alberi centenari dalla furia omicida dell’uomo industrializzato. Inoltre grazie a loro sono stati risparmiati molti boschi himalayani sottratti alle motoseghe grazie all’intervento di questi coraggiosi e leali guardiani della terra e molte altre tribù che praticavano sacrifici animali si sono convinte a smettere queste pratiche barbare.
La loro comunità si basa su alcune regole fondamentali tra cui

1) Un regime assolutamente vegetariano
2) Rispetto totale per la natura e per gli animali, impegno a lottare e difendere il pianeta su cui viviamo per rispettare il compito di guardiani che si sono assunti
3) Essere compassionevole verso tutti gli esseri viventi, il che rappresenta un passo in più oltre il rispetto e ed un ritorno all’empatia originaria
4) Non tagliare alberi verdi, ovvero, non sacrificare gratuitamente l’ambiente
5) L’invito ad offrire rifugio e ricovero agli animali nella propria dimora
6) Non esaltare il proprio Ego e questo è forse proprio in nocciolo dell’intera questione, perché permette di mettersi al pari delle altre creature e non al centro del cosmo, ma di partecipare ai cicli naturali insieme agli altri esseri.
 Questi eroi senza tempo non vivono purtroppo in una bolla d’aria sospesa e protetta e l’oppio, proveniente dall’Asia ma gestito dall’America al fine di tenere ben vivi i conflitti tra India e Pakistan, ha contaminato purtroppo una parte della popolazione più giovane; nonostante questo però, i Bishnoi fanno ancora la differenza e dobbiamo dire grazie a loro se molti alberi sono ancora intatti e potranno regnare “custoditi” sulle nostre vite.

Tratto da : Eticamente.net



 

Sunday morning




sabato 30 agosto 2014

Essere come tutti



Per quanto mi riguarda, tutti questi anni passati a inseguire un me migliore sono stati molto faticosi e hanno ottenuto poco o niente, nel tentare di indicare la responsabilità degli altri. Tanto valeva affrontare le cose dalla strada opposta: ammettere chi ero, da dove venivo - tutti i miei limiti; era questo il sollievo che avevo provato liberandomi della purezza, come se la tensione a essere come i miei simili mi avesse debilitato, impegnando tutte le mie forze in uno sforzo gigantesco; e alla fine, non ci ero nemmeno riuscito.                                        

È meglio rendersene conto: se come si è, e come si dovrebbe essere, non riescono a coincidere, allora la sincerità è più fruttuosa del senso di giustizia. Perché ti fa cercare le cose che non funzionano in te, in qualche modo ti fa imparare ad accettarle e conviverci. Il senso di giustizia ti spinge di continuo a ignorare i tuoi difetti fondanti e a tendere verso il bene. E chi non ha la propensione alla purezza, non ce la fa; o ce la fa inciampando di continuo, guardandosi di continuo allo specchio perché i vestiti che indossa non sono i suoi, sono quelli che vorrebbe indossare, quelli che desiderava. Ma non sono i suoi.

 Se riesco a percepire il buio che c’è dentro di me, le somiglianze con ciò che non mi piace; se riesco a concepire un’affinità con chi è lontano; se riesco a comprendere quanto sono coinvolto con ciò che non amo, che non mi piace, che di solito accuso come non mi appartenesse - quella è la strada concreta, reale, per combattere con limpidezza ed efficacia. L’abitudine è quella di sentirsi estranei agli errori, estranei alle brutture del Paese. L’estraneità rende impermeabile la conoscenza, e senza conoscere le ragioni degli altri, non si può combatterle. 

F. Piccolo, Il desiderio di essere come tutti


mercoledì 27 agosto 2014

Storm


Photograph of a dramatic storm cloud in Colorado, taken by Marko Korošec, Slovenia, 
Winner of the 2014 National Geographic Traveler Photo Contest



Tra le righe



Acquistiamo il diritto alla critica più severa solo quando siamo riusciti a convincere il prossimo del nostro affetto per lui e della lealtà nel nostro giudizio, e quando siamo sicuri di non rimanere assolutamente irritati se il nostro giudizio non viene accettato o rispettato. In altre parole, per poter criticare, si dovrebbe avere un’amorevole capacità di chiara intuizione e un’assoluta tolleranza.

Gandhi




lunedì 25 agosto 2014

Una sera come tante



Una sera come tante, e nuovamente
noi qui, chissà per quanto ancora, al nostro
settimo piano, dopo i soliti urli
i bambini si sono addormentati,
e dorme anche il cucciolo i cui escrementi
un'altra volta nello studio abbiamo trovati.
Lo batti coi giornali, i suoi guaìti commenti.
Una sera come tante, e i miei proponimenti
intatti, in apparenza, come anni
or sono, anzi più chiari, più concreti:
scrivere versi cristiani in cui si mostri
che mi distrusse ragazzo l'educazione dei preti;
due ore almeno ogni giorno per me;
basta con la bontà, qualche volta mentire.
Una sera come tante (quante ne resta a morire
di sere come questa?) e non tentato da nulla,
dico dal sonno, dalla voglia di bere,
o dall'angoscia futile che mi prendeva alle spalle,
né dalle mie impiegatizie frustrazioni:
mi ridomando, vorrei sapere,
se un giorno sarò meno stanco, se illusioni
siano le antiche speranze della salvezza;
o se nel mio corpo vile io soffra naturalmente
la sorte di ogni altro, non volgare
letteratura ma vita che si piega al suo vertice,
senza né più virtù né giovinezza.
Potremo avere domani una vita più semplice?
Ha un fine il nostro subire il presente?
Ma che si viva o si muoia è indifferente,
se private persone senza storia
siamo, lettori di giornali, spettatori
televisivi, utenti di servizi:
dovremmo essere in molti, sbagliare in molti,
in compagnia di molti sommare i nostri vizi,
non questa grigia innocenza che inermi ci tiene
qui, dove il male è facile e inarrivabile il bene.
È nostalgia di futuro che mi estenua,
ma poi d'un sorriso si appaga o di un come-se-fosse!
Da quanti anni non vedo un fiume in piena?
Da quanto in questa viltà ci assicura
la nostra disciplina senza percosse?
Da quanto ha nome bontà la paura?
Una sera come tante, ed è la mia vecchia impostura
che dice: domani, domani... pur sapendo
che il nostro domani era già ieri da sempre.
La verità chiedeva assai più semplici tempre.
Ride il tranquillo despota che lo sa:
mi calcola fra i suoi lungo la strada che scendo.
C'è più onore in tradire che in esser fedeli a metà.

Giovanni Giudici


domenica 24 agosto 2014

Vocali



Oramai nella Civiltà del Fatturato
i computer hanno mangiato
tutte le vocali delle persone.
I computer hanno fretta.
Il mio nome è ormai BRN
il mio cognome MNR
si fa più presto.
Molta gente nel prossimo futuro
metterà nomi in questo modo (moda?)
alla prole: LFL è carina
mentre BTTS è troppo serio
studiano il teorema di PTGR
studiano anche DNT, LNRD,
MCLNGL e le loro pitture,
di arte moderna conoscono PCSS,
KL, MTSS, MNDRN, BLL, ecc.
In vacanza vanno a SHR-LNK
con la KLM nel mese di GUGN
detto anche il 6° mese.
Al ritorno troveranno i loro amici
XSK, LFL, BRZ, TTN, ZGZT e anche
Gianbattista Pistolati di Canzo il quale
non vuole che gli strappino le vocali.


Bruno Munari, da Pensare confonde le idee (1993)


 

giovedì 21 agosto 2014

venerdì 15 agosto 2014

Dove vorrei trovarmi adesso / 6




Dischi (molto) Importanti / 1972


 
La mia mente,  la mia mente è piena di cose 
piena di viti, di cacciaviti, piena di chiodi, piena di cose arrugginite e sacre 
e questo treno le muove e le scatena. 
Ed io lotto, ed io le incateno, ed io le ammucchio, ed io le creo 
e questo treno le muove e le scatena. 
La mia mente, la mia mente è un pallone che vaga in un soffice sogno 
e non ritorna più sulla terra… 
e la mia gente lo indica, e la mia gente lo lincia, sì lo lincia, 
e il primo colpo lo smuove ed il il secondo lo abbatte. 
E questa cassaforte 
di vecchie e antiche corazze, 
questa mente malata 
precipita 
in una violenta cascata... 


giovedì 14 agosto 2014

martedì 12 agosto 2014

Richiami vivi / 2



Comunicati Stampa Enpa

DECRETO COMPETITIVITÀ: E' IL PEGGIOR ATTO SULLA FAUNA DEGLI ULTIMI VENT'ANNI. LA STRAGE DEGLI ANIMALI SELVATICI VOLUTA DAL PD PASSA CON LA FIDUCIA

Con la conversione del decreto-legge 91/2014 viene definitivamente licenziato il peggiore atto degli ultimi vent'anni sulla fauna selvatica: caccia di selezione agli ungulati anche sulla neve, sterminio delle nutrie, caricatori delle carabine semi-automatiche a cinque colpi anziché due in violazione della direttiva Habitat, gran pasticcio normativo sui richiami vivi da utilizzare nelle cacce da appostamento, in violazione della direttiva Uccelli. Quest'ultima scelta avvenuta nonostante il 28 luglio scorso la Commissione Europea avesse inviato al Governo italiano una lettera che stronca ogni tentativo di mantenere la barbarie della cattura con le reti degli uccelli migratori, dichiarandola fuori legge sempre e comunque, e ribadisce che per la caccia non c'è alcun bisogno di richiami vivi.

Di richiami vivi ha invece bisogno la piccola lobby venatoria che guida le politiche sulla biodiversità del Partito Democratico e ha totalmente condizionato la linea del partito di maggioranza, su cui pesa la principale responsabilità del decreto, fortemente osteggiato da Sel e Movimento 5 Stelle e da pezzi di altri schieramenti come Forza Italia e Scelta Civica. Il Pd è stato l'unico gruppo parlamentare a non aver lasciato libertà di voto ai propri rappresentanti nelle commissioni competenti e in aula, costringendo i dissidenti, tra cui Monica Cirinnà, Laura Puppato e Silvana Amati, ad un'azione coraggiosa ed ancor più encomiabile in favore degli animali selvatici, che ha persino portato a sfiorare il risultato positivo. E costringendo moltissimi parlamentari democratici a scusarsi, giustificarsi, testimoniare i dubbi, le perplessità, i distinguo.

Il decreto 91 segna una frattura gravissima tra il mondo ambientalista e animalista e la gestione della politica su animali selvatici e biodiversità del Pd: una politica vecchia, dal fiato corto, che tradisce disprezzo verso le regole comunitarie e continua a rincorrere il consenso dei cacciatori, allontanandosi sempre più dalla cultura di attenzione per la natura e rispetto per gli altri esseri viventi, ormai diffusa in ogni dove nella società italiana.

Tutto questo, nonostante la ricca presenza, tra le fila del partito di maggioranza, di persone appassionate e di un mondo sensibile alle questioni della natura e agli aspetti etici, che meriterebbe ben più credito da parte di una politica che vuole essere rinnovatrice, culturalmente giovane, al passo con le grandi sfide dei tempi. C'è proprio qualcosa che non va, nelle politiche per la natura del Partito Democratico.

Lo scempio della fauna del decreto 91 rappresenta una pagina vergognosa, che la memoria non cancellerà ma che noi cancelleremo con i fatti. Perché la nostra battaglia per gli animali selvatici, la biodiversità, l'Europa, i valori di una società civile, continuerà senza pausa alcuna e sarà infine vincente. 

Ente Nazionale Protezione Animali, 8 agosto 2014


Forse, in definitiva siamo richiami vivi anche noi. Costretti nella buia gabbia dell'arretratezza da politici tanto poco indipendenti, così sordi alle esplicite richieste della gente, da compiacere con il voto l'aberrante pratica dei richiami vivi. Così infatti ieri sera si è regolato il Senato, capobanda il Pd (un solo voto contrario, quello di Laura Puppato) in spregio agli animali e alla società civile, per compiacere i capricci dei seicentomila cacciatori superstiti in Italia e, per tramite loro, gli interessi della lobby dei fabbricanti di armi.
L'opinione pubblica contraria all'orrore dei richiami vivi, uccellini selvatici catturati (quando non allevati), spesso accecati e costretti a malvagia reclusione per attrarre in trappola col canto i propri simili, illegalmente secondo l'UE che ha aperto contro il nostro Paese una procedura d'infrazione, è stata calpestata. Un'eccezionale campagna lanciata dalla Lipu-Birdlife Italia e sostenuta attivamente da associazioni (Enpa, Cabs, Lac, WWF, Oipa, Lav, Animalisti Italiani onlus e tante altre) oltre che da un buon numero di parlamentari ragionanti, chiedeva l'abolizione di questa pratica violenta, raccogliendo 50.000 sottoscrizioni iniziali e simboliche, pari al numero dei migratori strappati ogni anno alla libertà in Italia. Quindi Avaaz, rete di mobilitazione civica globale, lanciava con l'Enpa una petizione che contava in tre giorni oltre 140.000 firme.
Ma grazie soprattutto alle disperate pressioni delle associazioni venatorie, che trovavano degno alleato nel senatore Massimo Caleo, capogruppo Pd in Commissione Ambiente, tramontavano nelle ultime ore le aspirazioni abolizioniste. Si cercava di difendere il testo del Governo, che conteneva perlomeno alcune restrizioni richieste dall'Europa, che lo stesso Governo all'ultimo modificava radicalmente.
(…)
Ma non è tutto. Sono anche passati, ieri, gli emendamenti che tolgono ogni tutela alle nutrie, escludendole dalla fauna selvatica e rendendole perseguitabili come i ratti, permettono la caccia nella neve e aumentano il numero consentito delle pallottole in canna.
(…)
"Siamo sconvolti e sdegnati da questo voto", dice Annamaria Procacci, consigliere nazionale Enpa, "con cui si cerca di salvare una pratica che ripugna alla coscienza di questo Paese, in nome della leggenda metropolitana del consenso dei cacciatori. È lo squallido trionfo di una vecchia politica lontana e ostile alla nostra nuova cultura". "È scandaloso come i politici si siano piegati all'ultimo minuto al volere dei cacciatori", commenta Luis Morago, direttore campagne di Avaaz. "È una vergogna che il Governo e la maggioranza dei senatori abbiano ignorato le richieste dei cittadini e le direttive europee per obbedire ai capricci di una piccola lobby. Ieri è stata scritta una bruttissima pagina per la democrazia nel nostro Paese, e di questo dobbiamo ringraziare proprio un partito che si dice 'democratico'. Se non possiamo più contare sui nostri rappresentanti nazionali, porteremo la nostra battaglia a Bruxelles chiedendo all'Unione europea di intervenire contro tanta inciviltà".
L'incredibile decisione è rivelatrice di quanto la nostra classe politica persegua obiettivi opposti al pubblico interesse, avallando, in questo caso, il crudele extra (la stessa Commissione Europea ha dichiarato i richiami vivi non indispensabili) di una minoranza ricattatrice. Dalla sua, difendendo unguibus et rostris la propria abitudine più arcaica, il mondo venatorio ha dimostrato di non avere alcuna disponibilità al progresso e al compromesso. Oggi i nostri parlamentari, a favore dell'hobby sparatorio, negano i diritti degli animali, rischiando di far condannare l'Italia dall'UE. Pagheranno loro, con detrazione dagli stipendi, la multa che pioverà addosso ai contribuenti?
Vedremo come si comporteranno domani - la notizia già trapela dai corridoi delle associazioni protezionistiche - quando a tutela delle persone si richiederà l'abolizione dell'articolo 842 del Codice civile, che consente solo ai cacciatori di entrare nei terreni privati, quando non costosamente recintati a norma, e sparare con armi potentissime fino a 150 metri dalle case.

(www.repubblica.it)
 

 


Supermoon









lunedì 11 agosto 2014

The joy of reading



Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell'indistinto. La porta è meglio chiuderla, di là c'è sempre la televisione accesa. Dillo subito, agli altri: «No, non voglio vedere la televisione!» Alza la voce, se no non ti sentono: «Sto leggendo! Non voglio essere disturbato!» Forse non ti hanno sentito, con tutto quel chiasso, dillo più forte, grida: «Sto cominciando a leggere il nuovo romanzo di Italo Calvino!» O se non vuoi non dirlo; speriamo che ti lascino in pace.
Prendi la posizione più comoda: seduto, sdraiato, raggomitolato, coricato. Coricato sulla schiena, su un fianco, sulla pancia. In poltrona, sul divano, sulla sedia a dondolo, sulla sedia a sdraio, sul pouf. Sull'amaca, se hai un'amaca. Sul letto, naturalmente, o dentro il letto. Puoi anche metterti a testa in giù, in posizione yoga. Col libro capovolto, si capisce.
Certo, la posizione ideale per leggere non si riesce a trovarla. Una volta si leggeva in piedi, di fronte a un leggio. Si era abituati a stare fermi in piedi. Ci si riposava così quando si era stanchi d'andare a cavallo. A cavallo nessuno ha mai pensato di leggere eppure ora l'idea di leggere stando in arcioni, il libro posato sulla criniera del cavallo, magari appeso alle orecchie del cavallo con un finimento speciale, ti sembra attraente. Coi piedi nelle staffe si dovrebbe stare molto comodi per leggere; tenere i piedi sollevati è la prima condizione per godere della lettura.
Bene, cosa aspetti? Distendi le gambe, allunga pure i piedi su un cuscino, su due cuscini, sui braccioli del divano, sugli orecchioni della poltrona, sul tavolino da tè, sulla scrivania, sul piano del tavolo, sul mappamondo. Togliti le scarpe, prima. Se vuoi tenere i piedi sollevati; se no, rimettitele. Adesso non restare lì con le scarpe in una mano e il libro nell'altra.


Italo Calvino, Se una notte d'inverno un viaggiatore